Maria Chindamo viene uccisa e non si trova il corpo, si scopre che e' stata data in pasto ai maiali. Finalmente emerge la verità. La donna uccisa dopo aver postato sui social la foto con il nuovo compagno.
Nicola Gratteri il magistrato della direzione antimafia di Catanzaro non ha mai abbandonato la ricerca della verità.
La famiglia di Maria Chindamo ha avuto la forza nel tempo di perseverare alla ricerca della giustizia e della verità.
Dopo 7 anni un pentito racconta la verità sull’atroce morte della donna. Colpevole di aver lasciato il marito che si è suicidato.
Gli esecutori del delitto ormai identificati vengono incrociati giornalmente dai parenti della vittima che temono eventuali future ripercussioni.
Maria è stata sequestrata, uccisa e data in pasto ai maiali. E, i resti, triturati da un trattore cingolato per far sparire le tracce. E’ la fine che ha fatto Maria Chindamo, l’imprenditrice agricola di 42 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa il 6 maggio 2016 nella campagne di Limbadi, mentre si apprestava ad entrare nella sua proprietà. L’inchiesta «Maestrale-Carthago» che giovedì ha portato all’esecuzione di 84 misure cautelari (29 in carcere, 52 ai domiciliari), chieste dalla procura distrettuale di Catanzaro e ordinate dal giudice distrettuale di Catanzaro.
La macabra esecuzione
A svelare i particolari macabri dell’esecuzione dell’imprenditrice è stato Emanuele Mancuso, esponente di spicco dell’omonimo clan di Limbadi, diventato collaboratore di giustizia. La donna è stata uccisa esattamente un anno dopo il suicidio del marito Vincenzo Puntoriero, impiccatosi pochi giorni dopo che la coppia aveva deciso di separarsi. Sarebbe stato, inoltre, considerato un «atto imperdonabile» il fatto che Maria Chindamo si fosse fatta vedere in giro con il suo nuovo compagno.
In manette uno dei presunti killer Tra gli arrestati avvocati, dirigenti ospedalieri e politici, come l’ex presidente della provincia di Vibo Valentia In manette è finito anche Salvatore Ascone, detto «u Pinnularu», uno dei presunti killer di Maria Chindamo. L’uomo era stato già arrestato e poi scarcerato dal Riesame, perché secondo i magistrati della procura avrebbe omesso il sistema di videosorveglianza installato nella sua abitazione per impedire la registrazione delle immagini della telecamera che era orientata proprio sull’ingresso della proprieta’dell’imprenditrice.
Gli appetiti dei clan «Non le è stata perdonata la sua libertà, la voglia di essere indipendente e, tre giorni dopo che aveva postato sui social la foto con il suo nuovo compagno, è sparita», ha detto il procuratore Gratteri. Così come non le sarebbe stata fatta passare l’idea di poter gestire da sola lei, donna, i terreni della famiglia del suo ex marito, per i quali le cosche del territorio avevano già pensato di accaparrarsi. Tentativi falliti, perché l’imprenditrice ha sempre tenuto lontano gli appetiti dei clan. Una serie di trame hanno dunque segnato la fine di Maria Chindamo. Il piano per rapire l’imprenditrice fu organizzato nei dettagli.
I sequestratori l’hanno attesa davanti al cancello dell’azienda. Sapevano dell’appuntamento che la donna aveva con alcuni operai che dovevano svolgere dei lavori. La donna, forse conosceva i suoi sequestratori (sembra tre), tanto da non insospettirsi di nulla vedendoli davanti al cancello. L’oppressione delle cosche Maria Chindamo fu ferita nel tentativo di divincolarsi dalla morsa dei suoi aggressori. Tracce di sangue furono rilevate all’interno del suo Suv e sulle pareti del muro di cinta dell’azienda. L’inchiesta che ha debellato le cosche della zona di Mileto e Zungri, nel Vibonese, ha fatto emergere anche altri particolari di vita quotidiana, che danno il senso dell’oppressione delle cosche sul territorio. I vertici delle famiglie di ‘ndrangheta avevano imposto a tutti i panificatori e rivenditori, l’obbligo di non vendere il pane al di sotto di 2,50 euro.