martedì 7 marzo 2017

DALL'8 MARZO A PALAZZO REALE LA MOSTRA DEDICATA A "MANET E LA PARIGI MODERNA" - COMUNE DI MILANO -


Dall'8 marzo apre al pubblico a Palazzo Reale la grande mostra dedicata a "Manet e la Parigi moderna"

In programma sino al 2 luglio 2017, l’esposizione è curata da Guy Cogeval, storico presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi.
manet
Milano, 7 marzo 2017 – La mostra “Manet e la Parigi moderna” che apre domani al piano nobile di Palazzo Reale intende raccontare il percorso artistico di Édouard Manet (1832-1883) e il ruolo centrale che ha avuto nella storia dell’arte europea.
Iniziatore di una nuova pittura, Manet scopre la “meravigliosa” modernità in una Parigi in piena trasformazione, una città che soleva girare quotidianamente a piedi in lungo e in largo, da osservatore appassionato del suo tempo. Sulla scia di Baudelaire, si afferma come un “pittore della vita moderna” e sceglie di affrontare temi nuovi che osserva per la strada, al Teatro dell’Opera, nei bar e nei “caffè-concerto”. Le opere presenti in mostra arrivano dalla prestigiosa collezione del Musée d’Orsay di Parigi: un centinaio di opere, tra cui 54 dipinti – di cui 16 capolavori di Manet e 40 altre splendide opere di grandi maestri coevi, tra cui Boldini, Cézanne, Degas, Fantin-Latour, Gauguin, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Signac, Tissot. Alle opere su tela si aggiungono 11 tra disegni e acquarelli di Manet, una ventina di disegni degli altri artisti e sette tra maquettes e sculture.
Promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, curata da Guy Cogeval, storico presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi con le due curatrici del Museo Caroline Mathieu, curatore generale onorario e Isolde Pludermacher, capo-curatrice del dipartimento di pittura, l’esposizione intende celebrare il ruolo centrale di Manet nella pittura moderna, attraverso i vari generi cui l’artista si dedicò: il ritratto, la natura morta, il paesaggio, le donne, Parigi, sua città amatissima, rivoluzionata a metà Ottocento dal nuovo assetto urbanistico attuato dal barone Haussmann e caratterizzata da un nuovo modo di vivere nelle strade, nelle stazioni, nelle Esposizioni universali, nella miriadi di nuovi edifici che ne cambiano il volto e l’anima.
“Un grande artista di tutti i tempi, protagonista di uno snodo fondamentale della rappresentazione pittorica quale è stata la Parigi di fine Ottocento, viene raccontato in questa mostra con un taglio nuovo e originale, quello che passa attraverso l’evoluzione vorticosa di una società in fermento e la crescita di una città in corsa verso la modernità – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. La fondamentale collaborazione con il Museo d’Orsay consentirà ai visitatori di ammirare capolavori assoluti di Manet, espressione di quella radicalità che ha rivoluzionato il linguaggio pittorico, e di alcuni suoi contemporanei come Monet, Gauguin e Cézanne, protagonisti dello stesso clima culturale e testimoni degli stessi epocali cambiamenti”. 

manet
La mostra prevede dieci sezioni tematiche:
Manet e la sua cerchia
Manet per tutta la vita coltiverà grandi rapporti d’amicizia con poeti e letterati come Charles Baudelaire, con cui sviluppa un profondo legame; Emile Zola, che prenderà da subito posizione difendendolo strenuamente dai rifiuti del Salon;  Stéphane Mallarmé, che frequenta il suo atelier discutendo animatamente di pittura e poesia e in numerosi articoli lo elogia come caposcuola e maestro dell’“atmosfera luminosa ed elegante”; la pittrice Berthe Morisot, che diventerà nel 1874 sua cognata sposando il fratello Eugène e sarà per molti anni sua intima amica, e altri celebri artisti come Degas, Monet, Renoir. La mostra parte dunque da intensi ritratti di Zola, Mallarmé e Morisot, realizzati da Manet tra il 1868 e il 1876, esposti accanto a quelli di altri pittori come Edgar Degas con “Ritratto degli incisori Desboutin e Lepic”, e Giovanni Boldini con “Henri Rochefort.
Parigi città moderna
Manet è il più parigino dei pittori, vivrà e lavorerà sempre nei pressi della Gare Saint-Lazare, nella “nuova Parigi” che si va costruendo giorno dopo giorno sotto i suoi occhi. Per volere dell’imperatore Napoleone III vengono infatti realizzati interventi radicali che cambiano completamente il volto della città, rendendola la capitale europea per eccellenza. In questa sezione figurano opere di Paul Gauguin con “La Senna al Ponte Iéna. Tempo nevoso”, eccezionale dipinto se si pensa che l’artista dipingeva da solo quattro anni, influenzato dalla lezione realista di Courbet; di Claude Monet con “Le Tuileries”; di Paul Signac con “Strada di Gennevilliers”, una veduta della periferia settentrionale di Parigi. A queste opere si affiancano altre tele e numerosi disegni con progetti di edifici, chiese, stazioni che testimoniano l’effervescenza costruttiva della città nell’ultimo ventennio dell’Ottocento.
Sulle rive
Sono qui esposte cinque sue vedute marine, tra cui spiccano le due tele “Chiaro di luna sul porto di Boulogne” e “La fuga di Rochefort”. Si possono inoltre ammirare “Pastorale” di Paul Cézanne, ispirato al celebre “Le déjeuner sur l’herbe” di Manet e “Argenteuil” di Claude Monet, che ritrae una delle mete preferite delle gite domenicali dei parigini, dove Monet soggiorna tra il 1872 e il 1877.
Natura inanimata
In questa sezione sono esposti incantevoli dipinti floreali: due di Manet “Ramo di peonie bianche e cesoie”, specie molto in voga nell’Europa ottocentesca che Manet coltivava nel suo giardino di Gennevilliers, e “Fiori in un vaso di cristallo”, tra gli ultimi quadri dipinti da Manet che, ormai malato, si dedica alla pittura di piccole tele con frutti e fiori di cui coglie con intensità lo splendore e la vitalità, cui si aggiunge “L’asparago”, recapitato dallo stesso Manet al grande collezionista Charles Ephrussi come “aggiunta” ad un quadro con asparagi che era stato pagato troppo. A queste opere sono affiancate due splendide tele di Fantin-Latour e uno straordinario bouquet di Renoir.
L’heure espagnole
Nel primo decennio della sua attività creativa, l’arte spagnola, insieme ai Tiziano e ai Rubens, esercita su Manet una forte influenza. Diffusa a Parigi sin dal 1830, ispira una moda che investe la letteratura, l’arte e il costume. Manet si reca inoltre in Spagna nel 1865 e studia spesso i dipinti spagnoli al Louvre, in particolare Velázquez, che considera “il pittore dei pittori”. Testimoniano questo ispanismo le vesti della ballerina Lola Melea, nota come “Lola di Valencia”, “Il combattimento di tori”, “Angelina”, “Il pifferaio”, immagine della mostra, rifiutato al Salon dello stesso anno per la radicalità del trattamento pittorico. I colori stesi qui con naturalezza per campiture piatte come “grandi macchie” e soprattutto l’assenza di prospettiva, assimilano il dipinto a una carta da gioco, che secondo Zola “buca semplicemente il muro”.
Il volto nascosto di Parigi
In questa sezione è di scena la Parigi dei caffè, delle strade, delle persone meno abbienti, che fa da contraltare al lusso e all’opulenza della vita borghese, protagonista delle sezioni successive. Spicca qui uno dei capolavori di Manet “La cameriera della birreria”, insieme a due disegni di interni di caffè. Sono esposte in questa sezione “Ciò che si chiama vagabondaggio” di Alfred Stevens, che raffigura una povera donna arrestata con i suoi figli al cospetto di un operaio e di un’elegante passante e rappresenta l’insieme dei diversi gruppi sociali coesistenti in città, puntando il dito sulla sorte riservata agli esclusi dallo straordinario sviluppo economico e sociale del Secondo Impero. E “L’attesa” di Jean Béraud dove una elegante prostituta attende di adescare clandestinamente un cliente nel signorile quartiere dell’Étoile. Appartiene invece all’atmosfera mondana dei teatri e dei balli la bella tela carica di rosso “Scena di festa” di Giovanni Boldini, ritrattista della mondanità di Parigi, che qui rappresenta le Folies Bergère, caffè-teatro di varietà attivo dal 1869 sui grandi boulevard.
L’Opéra
In questa sezione le opere sono dedicate al tempio dello spettacolo parigino: l’Opéra. Di Edgar Degas è esposto “Il foyer della danza al teatro dell’Opéra” dove andavano in scena le opere e i balletti più importanti. Di Henri Gervex si ammira “Il ballo dell’Opéra” che mette in scena uno scintillante carnevale. Accanto a queste tele sono presentati vari disegni, acquerelli e piccole sculture in gesso o bronzo rappresentanti progetti per la nuova Opéra e figure mitologiche.
Parigi in festa
Sfilano quadri di artisti che frequentano le serate di gala nei teatri parigini: da Jacques Joseph (detto James) Tissot con l’elegante “Il ballo” (1878 a Jean Béraud con “Una serata”, illustrazione di una affollata e mondanissima soirée; da Eva Gonzalès con “Un palco al Théâtre des Italiens”, a Berthe Morisot con “Giovane donna in tenuta da ballo”. Completano la sezione alcuni disegni di progetti per nuovi teatri, testimoni dell’incessante trasformazione della Parigi dell’epoca.
L’universo femminile. In bianco …
Sono qui presentati alcuni capolavori incentrati sulla figura femminile rappresentata nei suoi momenti intimi. Di Manet è esposta la splendida tela “La Lettura”, dove l’artista ritrae la moglie Suzanne Leenhoff e il figlio naturale della donna, e il celeberrimo “Il balcone”, che lascia perplessi pubblico e critica al Salon del 1869 anzitutto per la scelta dei colori accesi, ma soprattutto per la sconcertante assenza di un soggetto chiaramente definito. Accompagnano queste due opere emblematiche due splendide tele di Alfred Stevens: “La lettera di rottura” e “Il bagno”, unico nudo dell’artista belga a Parigi dal 1844, opera la cui attenzione ai dettagli destò l’ammirazione di Manet e “Le due sorelle“ di James Tissot, definita dal critico inglese Wentworth “il paradigma dell’aristocraticità e dell’eleganza sobria”.
 … e nero. La passante e il suo mistero
La sezione conclusiva della mostra dedicata alle donne nelle strade parigine ospita due magnifiche opere di Manet: la tela “Berthe Morisot con un mazzo di violette”) e il “Ritratto di Nina de Callias”, a cui si raffrontano due celebri figure femminili di Renoir: “Madame Darras” e “Giovane donna con veletta”, dove l’artista rivela una straordinaria maestria nella resa del nero e nel catturare il fascino fugace di una passante.
Il catalogo della mostra, edito da Skira contiene, oltre alle immagini delle opere esposte, i saggi dei curatori Guy Covegal, Caroline Mathieu, Isolde Pludermacher, Leïla Jarbouai e di Akiya Takahashi, Direttore del Mitsubishi Ichigokan Museum di Tokyo.
La mostra è inserita nel calendario di Artweek, che si terrà dal 27 marzo al 2 aprile 2017 in occasione di Miart 2017 e vedrà Milano fulcro dell’arte contemporanea con inaugurazioni, aperture straordinarie, visite guidate, contenuti speciali ed eventi, realizzati in collaborazione con tutte le istituzioni pubbliche e private che aderiscono all’iniziativa.
Orari:
  • martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle ore 9:30 alle 19:30;
  • giovedì e sabato dalle ore 9:30 alle ore 22:30;
  • lunedì dalle 14:30 alle 19:30.
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura 
Biglietti (audioguida inclusa): 
Intero € 12    
Ridotto € 10  
Infoline e prevendite: tel. 02/92800375 

""SERIAL KILLER PER SIGNORA "- LA PROSA AL TEATRO MANZONI -



La programmazione al Teatro Manzoni di Milano propone dal 23 marzo al 9 aprile, da un racconto di William Goldman "SERIAL KILLER PER SIGNORA" presentato da Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia.

Interpreti e personaggi
Gianluca Guidi / Cristopher Kit Gill
Giampiero Ingrassia / Morris Bromo
Teresa Federico / Sarah Stone
Alice Mistroni / Flora Bromo, Alice Sullivan, Carmella, Alexandra Gill, Sadie


Trama
Cristopher Kit Gill e Morris Bromo sono i protagonisti di Serial Killer per signora. Non si conoscono. Nessuno dei due sa dell’esistenza dell’altro. Kit è un attore disoccupato, da poco orfano di una madre che ne ha marchiato a fuoco la vita: una grande attrice, troppo impegnata per donare l’affetto e le attenzioni di cui un figlio avrebbe bisogno, della quale Kit tenta di emulare il successo in modo assai diverso. Morris è un detective della polizia di New York, non più giovanissimo. Ha scelto di rimanere vivo e di non cercare clamori carrieristici. Nemmeno la vita privata brilla: vive ancora a casa con la madre, una signora ebrea invadente e
possessiva. Poi il primo omicidio: commesso da una psiche malata, tanto malata da telefonare al distretto di Polizia per lamentarsi della poca attenzione che la stampa gli ha dedicato. Kit cerca Morris. Inizia un rapporto simbiotico tra i due e le loro rispettive “carriere”.



Note di regia
“Un killer in città, può provocare il caos, e che detective lo impacchetterà” canta Morris ad un certo punto della commedia. Questa frase stigmatizza il percorso dei due protagonisti. Kit, uccidendo, ottiene la prima pagina del New York Times, secondo la sua mente malata raggiunge il successo. Morris ne diventa l’inseguitore e potenziale carnefice, dando lustro alla sua sbiadita carriera. Nutrendosi uno dell’altro, iniziano una gara senza esclusione di colpi che, inevitabilmente, avrà un solo vincitore. Se volessimo addentrarci brevemente in una descrizione più profonda del loro rapporto, potremmo tranquillamente asserire che, sebbene in forma assai più lieve e edulcorata, sono l’uno il compendio dell’altro, quasi a voler risvegliare un saggio shakespeariano a firma di René Girard intitolato Il Teatro dell’Invidia in cui si descrive quella spirale che, a partire dal desiderio dell’essere di un altro (il desiderio mimetico), innesca un conflitto la cui violenza è domata solo sporadicamente mediante il sacrificio di una vittima designata. Si intrecciano le vite dei nostri due eroi e del loro “Amore” (come dice Shakespeare ne I Due Gentiluomini di Verona): l’uno per l’altro, con altri rapporti normali e protagonisti di vite terrene: due madri, tre vittime ed una affascinante giovane donna dell’upper class newyorkese, che contribuirà non poco a mettere confusione nella vita del povero Detective Morris Bromo.


Appunti di viaggio di Gianluca Guidi

“Ciò che più atterrisce un regista è scrivere le note di regia o la presentazione di uno spettacolo che metterà in scena dopo 6 mesi. Spesso le buone idee arrivano poco prima della prova generale, e mentre sei felice di aver risolto uno o più problemi, ti dici: “bello, certo le note di regia di sei mesi fa... ah, se avessi potuto scriverle ora!” Nel caso di Serial Killer per Signora, però - mi si consenta il paragone più che mai azzeccato - si tratta di un ritorno sulla scena del delitto. Era il 2001 quando ho prodotto e diretto (senza interpretarlo) questo spettacolo per la prima volta. Fu un’esperienza felice: la mia prima regia. Piacque tantissimo, mettendo d’accordo critica e pubblico. A distanza di quindici anni ne curo una seconda edizione, con delle differenze: non produco più, ne sono sempre il regista, interpreto uno dei due ruoli maschili ma spero nel medesimo esito. Ecco perché reputo più appropriato chiamare queste poche righe ”appunti di viaggio”. Il testo di Douglas J. Cohen (autore sia delle musiche che della drammaturgia) mi è familiare da 15 anni, ed il mio viaggio teatrale dopo 3 lustri mi riporta qui. Il teatro, tendenzialmente, dovrebbe sempre raccontare una storia; a volte, purtroppo, la si sacrifica per qualche non meglio identificato onanismo di palcoscenico che non porta acqua al mulino di nessuno. Dalla precedente edizione porto con me la brillante e colta versione delle liriche di un grande maestro della musica leggera italiana Giorgio Calabrese, la direzione musicale originale di Riccardo Biseo con materiale aggiunto e orchestrato da Ciro Caravano e parte della traduzione di allora a firma del mio grande amico Gianni Fenzi. Dopo il successo di Taxi a due piazze, virare decisamente verso qualcosa di completamente diverso, è sembrata la scelta più naturale che Giampiero Ingrassia ed il sottoscritto avrebbero dovuto fare. Speriamo di incontrare di nuovo il favore di pubblico e critica che ci hanno accompagnati nel precedente spettacolo. E poi chissà, magari faremo un viaggio sulla luna, che di 'sti tempi, anche per disintossicarsi un po’...  Con il medesimo affetto che dura da 30 anni di palcoscenico, ma (purtroppo) un po’ più disilluso.”