Paolo Borsellino, il giudice, può essere ricordato a 24 anni dalla scomparsa per i principi cardini, insiti e radicati, in un uomo giusto, ironico, un concentrato di valori: legalità, libertà, indipendenza, servizio per lo stato.
Un esempio, un corpo sventrato, ma solo di un corpo stiamo parlando.
Diventa magistrato a 9 mesi di distanza dalla laurea avvenuta nel 1964, per consolidare la sua passione per la ricerca giuridica, e per sua stessa ammissione, timoroso di lavorare nell'intento di rincorrere parcelle di probabili clienti, si mette al servizio dello "Stato" con la "S" maiuscola.
Il rinnovato incontro con l'amico d'infanzia Giovanni Falcone nel 1980 gli spianano definitivamente la strada. La sua terra ha bisogno di lui, di Giovanni, e degli uomini della scorta.
Una Sicilia di uomini onesti che ha bisogno di persone rette, poco interessate ai risvolti economici della propria professione, per dar voce alla "parte buona" di una terra magica. Uomini convinti, sorretti da una rettitudine morale tale, da dedicare la propria vita alla lotta della criminalità mafiosa.
Il duro lavoro, il faro lontano intravisto in lontananza, ha portato Paolo Borsellino uomo, lontano dai suoi affetti più cari. Non contando le ore di lavoro, non distinguendo i giorni feriali dalle feste, macerando un'attività prolifica, "seme vitale" alla base di una nuova realtà siciliana. Perchè, a detta di Giovanni Falcone, la mafia prima o poi, fatta di persone, sarà sconfitta.
Il 19 luglio 1992 alle ore 17,00 a Palermo il Giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta vennero fatti esplodere nel tentativo vano di rimuovere il "seme buono" delle istituzioni.
I semi, com'è noto producono radici a volte invisibili, capaci di generare fiori splendidi.
Questo ci piace pensare di Paolo Borsellino, che ha sacrificato la sua sfera familiare, la moglie, i tre figli, allontanandosi in particolar modo da questi ultimi, nel tentativo di farli soffrire di meno, al momento della sicura dipartita, come per l'amico Giovanni Falcone.
Perchè il Giudice, e non fu il solo, ebbe la netta percezione che il tritolo a lui destinato, fosse arrivato a destinazione.
E forse, proprio per questo motivo si alzava tutte le mattine alle 5. Per rubare 2 ore di vita in più alla giornata, prolifica d'impegni, di appuntamenti, incastrati gli uni agli altri, con l'unico obiettivo: vincere e sconfiggere la mafia.
Vi segnaliamo il sito aperto dal fratello di Paolo Borsellino, Salvatore Borsellino:
www.19luglio1992.com
Doveroso ricordare la ricorrenza prossima della morte del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro ed il poliziotto di scorta Domenico Russo, avvenuta il 3 settembre 1982, a Palermo, in Via Isidoro Carini, circa 10 anni prima delle stragi di Capaci e Via D'Amelio.
Prefetto di Palermo nel maggio del 1982, intento nel perseguire i medesimi obiettivi dei suoi successori, un unico nemico da abbattere: "la mafia".
Nelle sue parole, le medesime intuizioni future di Falcone e Borsellino:
« Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti. »
Per rammentare la figura del Generale, il figlio Nando Dalla Chiesa nel 1984 ha scritto "Delitto imperfetto: il generale, la mafia, la società italiana.
Oggi 19 luglio, non è un'unica ricorrenza.
E' il frutto del ricordo, che ha germogliato, a distanza di molti anni, in un unico seme, scaturito dalle menti, dai pensieri, dai gesti, di uomini onesti al servizio dello Stato.
www.staresulpezzo.blogspot.it